Articoli d'arte

La ragazza con l'orecchino di perla

Il bacio eterno

C'è un alone di mistero, quasi un vuoto cronologico, intorno alla figura dell'artista Jan Vermeer, vissuto in Olanda dal 1632 al 1675. Le scarne notizie che si conoscono della sua biografia si mescolano a leggende e storie: fino al XIX secolo il suo nome era praticamente sconosciuto, e le sue opere -una trentina di dipinti, in genere di piccole dimensioni- quasi anonime. Della particolarità della sua arte si accorse Giuseppe Ungaretti, poeta e saggista italiano, che scrisse su di lui un saggio, “Invenzione della pittura d'oggi”, nel quale afferma che l'arte di Vermeer “si manifesta insolita ai suoi tempi e prima, insolita nei Paesi Bassi e altrove” per indicare la sua spettacolare singolarità. Anche Marcel Proust provava un  forte amore per i suoi dipinti, in particolare “la veduta di Delft”, davanti al quale morirà Bergotte, uno dei suoi personaggi nella Recherche. Tuttavia, il più conosciuto tra i dipinti di Vermeer è sicuramente “la ragazza con il turbante” o meglio conosciuta come “la ragazza con l'orecchino di perla.”
Su questo dipinto aleggiano diverse storie che hanno restituito vigore alle leggende che circolavano su Vermeer, in assenza di note biografiche certe. Quello che sappiamo con certezza è che questo dipinto venne comprato su consiglio dello storico d'arte Victor de Stuers dal collezionista Arnoldus des Tombe ad un'asta, per una cifra totalmente irrisoria, due fiorini e trenta centesimi (il corrispettivo di circa venti euro): alla sua morte nel 1902, non avendo eredi, questo e altri dipinti vennero donati al museo dell'Aia, il Mauritshuis.
La tela, di piccole dimensioni (44,5x39) rappresenta, su uno sfondo completamente nero, una giovane donna, a mezzo busto di profilo, col viso rivolto a tre quarti verso lo spettatore, a favor della luce esterna, che entra dall'angolo di sinistra. Vestita in modo modesto, con una tunica color rame e una camicia di cui si vede solo il colletto, ha due elementi caratteristici: il primo è proprio il turbante, costituito da una fascia blu intorno alla testa e un altro drappo di colore giallo che casca fino alla spalla. L'altro elemento da cui il dipinto prende il nome è il famoso orecchino, una grossa perla a forma di goccia, dipinta con delle pennellate divise tra loro che creano all'occhio l'illusione che la perla sia “intera”. Questa fanciulla viene ritratta con uno sguardo languido e innocente, le grosse labbra appena schiuse, e nella sua posa sibillina somiglia quasi ad una musa: tuttavia manca un qualsiasi attributo iconografico che possa offrirci spiegazioni sul suo ruolo, sulla sua identità, al punto di guadagnarsi l'appellativo “la Monnalisa olandese” proprio per l'enigmaticità che l'ha resa famosa.
Altro tratto misterioso: il dipinto è firmato (la celebre firma di Vermeer, IVMeer) ma non è datato. Si stima sia stato realizzato intorno al 1665 ma come molte altre cose su questo artista, nulla è certo.
La fanciulla resta avvolta nella sua aura di mistero e ci osserva, consapevole del suo segreto che l'osservatore non può cogliere. Ciò lascia spazio alle speculazioni personali degli osservatori.
Molto probabilmente si tratta di un tronie, un genere olandese di ritratti antichizzati. In questo caso si tendeva a ritrarre il modello (o la modella) con abiti antichi, per rappresentare personaggi storici o biblici, oppure con un abbigliamento esotico. Vermeer si era già cimentato in questo genere più volte, come riportato nell'inventario dei beni di famiglia dove sono elencati dei tronien dipinte alla moda turca che apparentemente non hanno nessun legame con La ragazza con l'orecchino di perla, di cui si ha documentazione solo dall'anno dell'asta, quando venne acquistato da Arnoldus des Tombe.
È praticamente innegabile che la fanciulla ritratta da Vermeer sia esistita, ma la sua esistenza e la sua identità ci sfuggono e sfumano nello sfondo nero di questa tela misteriosa. La luce colpisce il suo bellissimo viso, i suoi grandi occhi vivi brillano in un'espressione dolce quanto sfuggente. L'elemento della luce nei dipinti di Vermeer è più che importante: scrive Ungaretti “difatti cercava la luce. Si veda com'essa vibri, per lui dai vetri, com'essa muova l'ombra, ombra della luce, ombra quasi impalpabile di ciglia mentre lo sguardo amato si socchiude, sguardo quasi - nel suo protrarsi nella memoria e nel desiderio - imitasse il segno dell'ombra”. Non è solo il raggio di luce che viene da sinistra ad illuminare la scena, sono i colori stessi del turbante a brillare, che emergo sullo sfondo scuro la grande intensità di quelle pennellate poco sfumate, tranne che per il candido incarnato della ragazza. In una tale armonia di luci e ombre, la stessa luce che si riflette nei suoi occhi si riflette anche nella grande perla all'orecchio della giovane, che diventa proprio il simbolo, il centro di quest'opera. Secondo alcuni studiosi, una perla così grande non potrebbe nemmeno esistere in natura -per cui è stata avanzata la teoria che si tratti non di una perla bensì un'imitazione di vetro soffiato. Tuttavia resta inspiegato come una fanciulla di modeste condizioni, vestita in modo così semplice, possa essere in possesso di un simile gioiello. Nel XVII secolo, infatti, le perle venivano importate dall'Estremo Oriente ed erano molto preziose e solo delle dame aristocratiche molto ricche potevano permettersele.
La fortuna moderna di questo quadro proviene in parte anche dal romanzo di Tracy Chevalier del 1999 dal titolo “La ragazza con l'orecchino di perla” da cui è stato tratto un film dallo stesso titolo. Nel romanzo la Chevalier affida l'identità della misteriosa protagonista del dipinto ad una modesta serva -nel film interpretata da Scarlett Johansson- a servizio in casa di Vermeer, per raccontare la storia di come fu ideato questo dipinto e come Vermeer farà indossare l'orecchino alla fanciulla, il tutto arricchito dal risvolto sentimentale di una storia romantica tra l'artista e la timida serva.
Vermeer riesce a catturare l'immagine di un istante prima che potesse svanire e lo blocca in un mondo sospeso, per sempre. Osservare questo dipinto è come avere davanti ai nostri occhi l'apparizione di un fantasma, l'immagine di qualcuno che esisteva, che viveva, esattamente come noi. Il suo viso, l'espressione di un attimo, il bagliore dei suoi occhi sono riconoscibili in tutto il mondo, chiunque la riconoscerebbe, ma nessuno conosce il suo nome. Nessuno sa chi fosse, né cosa la legasse a Vermeer, né come quella bellissima perla fosse arrivata al suo orecchio. L'osservatore può limitarsi a guardare il dipinto per quello che è, senza speculare sull'identità della fanciulla né sui motivi dell'opera. Oppure possiamo immaginare che tutto sia reale, o che almeno in un tempo lontano lo sia stato.
Nel 2012 questo dipinto è stato protagonista di molte mostre, durante i lavori di restauro del museo che tuttora lo ospita. È stato ospite in Giappone, negli Stati Uniti -ad Atalanta, New York e San Francisco- e poi nel 2014 è stato ospite anche a Bologna per poi ritornare in Olanda, al suo posto, dove può essere visto adesso. 
Così, la misteriosa ragazza con l'orecchino di perla si volta per guardarci, solo per un momento, consapevole del mistero che si porta dietro, ci guarda con dolcezza, solo per scivolare di nuovo nelle ombre che la circondano, lasciandoci confusi, stupefatti, ma arricchiti.

 

di Michela Oliviero



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