Street art: dai graffiti alla letteratura, la nuova faccia dell'avanguardia italiana

137infiniti: arte murale, murales, graffiti, aerosol art, graffitari...

Scheda di alcuni artisti

On the road

Scheda degli artisti

PHO

Marco Grassi, in arte Pho (Milano, 1976), allievo del corso di pittura di Luciano
Fabro presso l'Accademia di belle arti di Brera, si diploma nel 2001 con una tesi dal titolo Aerosolart". Durante gli studi, è assistente presso lo studio di scultura di Arnaldo Pomodoro e realizza interventi decorativi per lo show room Zani & Zani a Milano. Dal 1995 partecipa ai più importanti aerosolart e graffiti expo ed espone in diverse collettive. L'ultima
mostra personale è quella realizzata con la provincia di Milano presso lo spazio Guicciardini dal titolo "La strada come laboratorio e come modello espressivo". Pho, avvicinatesi all'arte di strada conosciuta per la prima volta su muri e treni di Parigi, e influenzato della graffiti-art parigina e newyorkese, si afferma sulla '90, diventandone uno dei protagonisti con la crew 16K. Successivamente, estende la ricerca a tutti i materiali che la città può offrire, recuperando elementi dal quotidiano come manifesti strappati e bancali in legno. Inoltre, appassionatesi alla pittura orientale e agli espressionisti astratti come Vedova, Mathieu, Sam Francis, Afro affianca all'uso della vernice spray quello di pennelli e spugne, caratterizzando lo stile con una forte gestualità segnica.
Il lavoro di Pho si alterna tra la strada e lo studio, con influenze reciproche. I lavori che rappresentano meglio questa contaminazione sono i Kankali, materiali di recupero utilizzati come supporto dell'intervento pittorico, in cui l'azione del tempo distrugge e trasforma l'opera, radicandola e contestualizzandola nel tessuto urbano.

PHO (Marco Grassi)

KAYONE

Uno dei writer italiani della prima ora, KayOne, classe 1972, ha cominciato nel 1988 a 15 anni. Pioniere a Milano quando i graffiti comparivano solo nelle serie
riciclate dei telefilm americani e quando le tendenze impiegavano cinque anni per attraversare l'oceano. Marco Mantovani oggi ha 34 anni e passa gran parte del tempo negli uffici dell'agenzia pubblicitaria fondata insieme con il fratello, lavorando come art director. Fondatore agli inizi degli anni '90 della prima fanzine italiana di graffiti Tribe Magaz'me, non ha mai abbandonato la passione per l'arte e il wrìtsng, che fa parte ancora oggi della sua quotidianità, organizzando e partecipando a numerose manifestazioni di writing ed eventi artistici in tutta Italia.
La storia di KayOne raccontata da lui. Forse, passerò alla storia milanese, per il wrìter più discusso, quello sempre vestito elegante e mai da b-boy, quello benestante e non del ghetto, quello che alle lettere ha sempre affiancato con la stessa forza tanti character, quello che ha sempre preferito rimanere solo, piuttosto di dire sì senza convinzione. Per fortuna non è tutto così triste, sono stati gli anni più belli della mia gioventù, che mi hanno dato la possibilità di conoscere tanta gente interessante e fare tante esperienze entusiasmanti. Oggi, ricordo con invidia quei giorni, nei quali mi dedicavo completamente al mio amore, trascurando tutto e tutti. Forse, ho seguito quella che è stata una strada logica per una persona che osa definirsi creativa, e che come me, tanti altri hanno intrapreso. Il mio tempo ora è dedicato all'agenzia di grafica e pubblicità, che ho aperto con mio fratello. Chi vede i miei lavori oggi, spesso mi dice:"si vede che eri un graffìtaro". Li correggo puntualmente, ricordando che lo sono ancora. Non amo sicuramente definirmi un writer hard core, anche se come molti ho fatto quello che andava fatto: treni, metrò, bombing. Ho dedicato più tempo alla cura dei pezzi che realizzavo, ottenendo come risultato la conclusione di due grossi Hall of Fame in zona Giambellino, questo non dimenticando i tanti amici e compagni di crew che in questi anni mi hanno aiutato in maniera unica, facendo notevolmente lievitare la qualità dei pezzi presenti ancora oggi. Non verrò certo ricordato per la qualità dei miei lettering, anche se penso di avere spesso raggiunto un ottimo livello. Sono invece sicuro di avere raggiunto la leadership, almeno per un breve periodo, per qunto riguarda i character. Non me ne vanto, sono solo onorato che molti abbiamo tratto ispirazione da me e alcune mie intuizioni.


opera di Aris

MINELLI

Filippo Minelli (Brescia, 1983) è un graffìti-writer concettuale che si è dedicato per una decina d'anni ad azioni di disordinazione e comunicazione urbana. Il percorso nella graffiti art tradizionale inizia a metà anni '90 ma le produzioni graffiti non riusciranno mai a soddisfare pienamente l'artista. Con l'arrivo del 2000, comincia a sperimentare azioni di comunicazione urbana sull'onda dei primi passi della Street art internazionale del quale è un pioniere per l'Italia. Tra il 2000 e il 2004 firma con lo pseudonimo di Anotherbrixia un numero elevato di performance urbane con l'obiettivo di sovvertire l'ordine apparente della sua città natale, Brescia, e creare una seconda città parallela, invisibile agli occhi più disattenti. Tutte queste azioni, realizzate senza permessi e autorizzazioni amministrative, ottengono un grande successo di pubblico e di media. La dimensione locale delle produzioni si espande anche all'estero e l'artista si guadagna un posto di rilievo nel giovane star-sistem della street art internazionale. Il suo cammino personale lo porta progressivamente a produzioni inusuali e provocatorie, che lo allontanano dall'estetica convenzionale della graffiti art: non più una scritta o un logo ripetuti serialmente, ma interventi contestualizzati al luogo in cui si trovano. Tracce del suo passaggio si incontrano dalle campagne del Nord Italia alle grandi città europee, fino ad arrivare nel mezzo dei l'Himalaya in atmosfere buddiste o nella storica Kathmandu in Nepal. La sua ricerca lo ha indotto a interrogarsi sul ruolo della città contemporanea e sulle relazioni fra il nuovo ecosistema urbano e l'individuo. Oggi i suoi personaggi sono intenazionalmente riconosciuti e le sue opere sono state pubblicate su alcune delle più autorevoli riviste internazionali di arte e design d'avanguardia. Dopo aver concluso a pieni voti gli studi alla Accademia di Brera, Minelli comincia ad accostare alle performance eclatanti la pittura su tela e su supporti di suo interesse collezionati nei numerosi viaggi. Le opere conservano l'istintività e la naturalezza delle iscrizioni urbane. Le superfìci profumano di una poesia concettuale, a volte dai tratti infantili e astratti, a volte visivamente graffiante e di impatto. Le sperimentazioni, ironiche e, allo stesso tempo, introspettive hanno come denominatore comune una comunicazione forte e immediata che si continua a reggere sull'impulso illegale rivendicato sfacciatamente, senza più nascondersi dietro uno pseudonimo, consuetudine del graffiti wrìting tradizionale.

 

L'artista Pus mentre lavora

RAE MartINI

Rae Martini è nato a Milano nel 1976.
. Alla fine degli anni '80, affascinato dalle prime contaminazioni giunte in Italia del writing newyorkese, (comunemente conosciuto come graffiti), comincia a disegnare i primi sketch su carta e poi le prime Tags, seguendo i capiscuola newyorkesi Phase 2, Kase 2, Dondi White, Aone, Futura 2000, Rammelzee.
Ciò segna l'inizio della sua missione e della passione per il wildstyle: lo studio, la progettazione e l'evoluzione della struttura della lettera, e quindi della scrittura, mirato a dipingere illegalmente per strada nel contesto della cultura dei graffiti.
Come succede negli anni '80 ad alcuni writers che entrarono a far parte del circuito di gallerie come Fashion Moda e Fun Gallery nell'EastVillage, Rae sviluppa una propria sensibilità e coscienza artistica, e comincia a dipingere gli studi della lettera anche su tela.
Nel corso degli anni, ha l'opportunità di conoscere personalmente alcuni maestri newyorkesi: Phase 2, A-one, Sharp,Vulcan e di avere con loro scambi relativi alla pratica del wildstyle puro, che sfrecciava sulle carrozze della subway della Grande mela negli anni '70 e '80.
In meno di un decennio, lo stile di Rae influenza gran parte della nuova scuola del writing italiano, portandolo al riconoscimento a livello mondiale di caposcuola. L'attività di bombing su treni e di painting stradale è durata 12 anni, dal 1990 al 2002.
Ritiratesi da questa pratica, sperimenta la grafica digitale, lavorando come grafico, compositing artist e poi come direttore creativo in diversi studi di post-produzione e grafica.
Contemporaneamente, si dedica alla pittura. Nel 2003 avvia un periodo pittorico che lo avvicina all'action-painting di Pollock, all'espressionismo astratto di F. KIine in cui la pittura vive di energia e movimento resi visibili, di attimi catturati e collocati nello spazio della tela, con un ulteriore sapore stradale, tipico del suo stile.
Poi si concentra esclusivamente sulla pittura, fino ad arrivare al periodo del 2006, puramente informale. La tecnica è meno impulsiva, più ponderata, sfocia in un più profondo linguaggio vicino alla produzione di Borrile e Burri, e moltiplica i messaggi emotivi e concettuali. Il risultato sono opere realizzate a smalto con inserti bituminosi, rappresentanti superfici quasi monocrome, essenziali.
Il nuovo periodo è incentrato sui materiali e sullo studio delle reazioni chimiche che intercorrono tra loro, in modo da poterle controllare e sfruttare pittoricamente.

 

Kayone (Marco Mantovani)

VERBO

Verbo (Mitja Bombardieri), classe '77, bergamasco stabilitesi a Roma, è un artista che spazia dalla videoarte alla grafica. Nelle opere pittoriche accosta spesso elementi grafici e di design a uno stile graffiti plastico. Il tema dell'evoluzione strutturale della lettera ereditato da un background nel graffitismo di strada è sempre presente nei suoi lavori.
Come writer, Verbo nasce a Bergamo nei primi anni '90 e cresce artisticamente tra binari, tetti e marciapiedi. In poco tempo il suo nome inizia a girare nella scena underground italiana attraverso le carrozze dei treni e i lavori vengono presto pubblicati sulle riviste di settore nazionali e internazionali per l'originalità, lo stile e la quantità della produzione. Sul finire del decennio, entra così a far parte di una delle più importanti crew italiane per apporto di stile su metallo: la Pdb, di cui fanno parte anche Blef, Cento, Wany, Eron, Sir2, Rizia, Kemh, Bol. Lo stile di Verbo colpisce per la difficoltà di esecuzione tecnica (questo a maggior ragione nelle situazioni più diffìcili, come le opere illegali) e per il forte dinamismo tridimensionale delle lettere, che unito a un tratto decisamente espressivo da forma al vissuto (gusti, emozioni, sentimenti) con cui l'autore è cresciuto. I colori, accesi e contrastati, gli innesti tra lettere e armature da cui nasce la grande vitalità che caratterizza i suoi pezzi sono un richiamo a quel fondamentale background culturale costituito dalle astronavi e dai robot dei manga giapponesi, molto diffusi a cavallo tra gli anni '70 e '80, se non direttamente dalla cultura cyberpunk. Il trattamento riservato a ogni lettera diventa, così, un gioco di incastri e intersezione tra volumi, dinamismi e fughe che proiettano lo spettatore in una dimensione ludica, sovrapposta a quella preesistente applicata da ogni writer nella creazione e del proprio peculiare stile calligrafico. Il risultato finale è un melange armonico e inconfondibile, che anche un occhio meno allenato di quello dei colleghi è in grado di riconoscere immediatamente. Nel corso degli anni, con la maturazione artistica subentra una graduale trasformazione delle armature in veri e propri esoscheletri tecnologici, con il conseguente mutamento del lettering in un vero e proprio insieme di metainsetti biomeccanici, che invadono la superficie urbana assorbendone l'essenza e insieme, contaminandola. Il rapporto simbiotico instaurato tra lettere e superficie non è dissimile da quello di un'ape con i fiori: la metropoli possiede una vitalità i cui pezzi si nutrono e che, contemporaneamente, grazie al loro apporto rivive in continuazione.
Verbo presenta la calligrafia attraverso l'evoluzione delle lettere. La tecnica consiste nell'uso di bombolette spray su lastre tipografiche.
La scelta del supporto non è affatto casuale. Le lastre tipografiche sono state selezionate tra quelle già incise, sulle quali possiamo riconoscere i motivi grafici quotidiani contemporanei, che rappresentano il contesto socio culturale con il quale l'autore si confronta fin dall'inizio: l'apparire pubblicitario del proprio nome sugli spazi della città lo porta a un intrinseco confronto con le forme di comunicazione sociale, attraverso le quali fa emergere il suo stile, coprendo le matrici dello stesso.
"Crossa" alla matrice, denunciando la necessità di evoluzione delle forme grafiche contemporanee e apportandovi la forza del gesto pittorico irreplicabile. Di fatto le esecuzioni avvengono di getto, freestyles rapidi che freddano gli attimi esatti in cui si producono senza la pretesa di catturare forme più grandi di un singolo momento che è già infinito, una realizzazione che per Verbo può durare una notte intera o un minuto, il tempo di completarsio o il tempo necessario per non essere catturato.

 

Per gentile concessione di artein

WANY

Andrea Sergio, alias Wany, nasce a Brindisi nel 1978. Dopo essersi diplomato al liceo artistico, si specializza in fumetto e illustrazione presso la Scuola internazionale di Comics a Roma.
Comention, contest, happening, programmi radio e Tv, mostre nazionali e internazionali, personali e collettive, promuovono la personalità artistica di Wany. Tra queste: l'Hip Hop Village a Milano, la Biennale giovani a Roma, happening "Paniko Totale" a Pisa, la performance "Murales & graffiti" a Roma, l' AirBrush" a Milano.
Wany realizza le sue performance sul palco di "Match Music", durante il concerto degli articolo 31, e in occasione dell'incontro con il sindaco Francesco Rutelli dei rappresentanti di Mtv e delle maggiori Tv nazionali a Rimini, nel 2001. Si esibisce come ballerino di breakdance per video, spettacoli televisivi e non; opera come giudice di gara per contest di breackdance e graffiti.
Nei frattempo, tiene lezioni teorico-pratiche di Aerosolart presso istituti quali La Sapienza di Roma, la Scuola del fumetto di Capodarco, la scuola di danza II Carrion di Latina.
Partecipa attivamente a un esperimento antropologico sull'arte e la musica ideato dall'antropologo francese Le Passade e dal professor Fumarola dell'Università di Lecce, in collaborazione con DJ War. Realizza inoltre un incontro sul writing cui partecipa Vittorio Sgarbi, durante la presentazione del magazine completamente ideato e autoprodotto dal Nostro e chiamato "III Fame".
Dopo aver vissuto in giro per l'Italia, con punto fermo a Roma, nel 2000 si trasferisce a Bologna. È qui che la Dynit, una delle più importanti case di anime e manga giapponesi, lo assume come art director.
Nel tempo libero, intanto, realizza un pannello per la Nike, due pannelli per la CocaCola, una tela per la Timberland, una tela per l'Adidas, una per la Wolkswagen. Nel 2005, espone in una mostra personale presso "Fabrica Features" a Bologna e in una collettiva chiamata "Urban Sign" a Vicenza. Fra le sue ultime opere, un'istallazione presso lo Shop centro d'arte Pebroc di Nantes. Numerose, inoltre, le interviste pubblicate in diverse riviste nazionali e internazionali. Nasce dall'esperienza metropolitana del writing, dalla passione professione del cartoon giapponese e delle ultime tecniche grafiche, la vulcanica personalità creativa di Wany. Balza subito all'occhio l'originalità della sua ricerca e sperimentazione cromatica, che utilizza modi e tecniche diverse, creando sintesi insospettabili e fluide, fra colature di colore, tags, pensieri scritti stilizzati o criptati, e disegni fantastici, surreali, onirici. La realtà viene filtrata e interpretata attraverso una sensibilità che prende coscienza dei problemi esistenziali dell'uomo d'oggi, delle nevrosi, dei meccanismi di frenesia e isolamento contemporanei; e reagisce inventando un mondo in cui vivono nuovi simboli e personaggi, un mondo enfatizzato, deformato, decostruito, in cui l'artista scolla dal supporto murale i suoi soggetti, trascinandoli sulla tela o trasformandoli in toys, megatoys, installazioni. È così che Wany giunge a far "resuscitare" anche oggetti senza vita come materassi, frigoriferi, lavatrici, televisori, cucine, recuperandoli nei cassonetti e facendoli diventare angeli, bambole felliniane, animaletti un po' teneri un po' cinici, richiami sensuali e sessuali. Anche la produzione pittorica risente di questa simbologia apollineo-dionisiaca; accanto al richiamo infantile del pupazzo, si inseriscono chiari riferimenti diabolici o macabri, come teschi, sangue, cervelli umani. Il tutto viene eseguito con grande ironia, con il gioco dei pensieri che ridimensiona la realtà e sperimenta nuovi orizzonti. La sua arte fluttua così nell'universo dei più dinamici linguaggi contemporanei.    

arteiN Rivista d'arte

Per gentile concessione di ARTEiN
Bimestrale di critica e d'informazione delle arti visive.



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